Il mio amico che ha una rivendita di materiale edile mi chiama per chiedermi un consiglio su un fatto accaduto tra lui e una sua dipendente. La storia è questa: l’imprenditore ha pochi mesi di tempo per decidere se assumere a tempo indeterminato l’apprendista che lavora con lui da un paio di anni. All’inizio del rapporto è molto soddisfatto di come la persona svolge i compiti che le vengono assegnati e di come si relaziona con il titolare, con i colleghi e con i clienti. Nel tempo ha visto spegnersi l’entusiasmo della dipendente, e anche il suo, con il passare dei mesi, inizia a vacillare per far posto ad alcuni dubbi. È in questa fase, in cui c’è poco tempo per capire cosa sia accaduto e per decidere, che mi chiede un consiglio.
Due diversi punti di vista
Nello sviluppo della conversazione capiamo questa diversa interpretazione del loro lavoro. Alla domanda “Come descriveresti il tuo lavoro?” l’imprenditore risponde “Noi realizziamo i sogni abitativi della coppia”, mentre la dipendente risponde “Faccio la commessa in uno showroom di porte e finestre”. Facile intuire quanto lontani siano i modi di interpretare i loro ruoli che porta a dare un senso alla propria identità, non solo professionale, di queste due persone.
L’esempio è costruito proprio per far capire e dare una definizione dell’ascolto che chiameremo attivo, cioè quell’ascolto che prevede non solo di usare l’udito, ma anche di comprendere il vissuto emotivo che c’è dietro. Lo stesso vissuto emotivo che poi ci svela quali sono i meccanismi per cui una persona è motivata ad attivarsi e che dunque potremmo adottare se vogliamo rendere molto più efficace e più empatica la nostra relazione con gli altri.
Clienti interni ed esterni
Se questo esempio è stato fatto in un contesto di relazione titolare-dipendente (quello che si definisce cliente interno), a maggior ragione possiamo immaginare il valore dell’ascolto attivo con il cliente esterno per capire la scala delle priorità degli obiettivi che il cliente vuol vedere realizzati e per riusare i suoi propri princìpi nel rispondere alle richieste, costruendo argomentazioni che siano accettate dall’interlocutore.
Quante volte ci siamo trovati di fronte a un cliente che ci stava parlando e la nostra mente è volata a pensare a qualcosa di urgente che abbiamo dimenticato di fare e che dobbiamo assolutamente fare prima di uscire? Possiamo chiamare questo come ascolto attivo? No, possiamo definirlo un ascolto con scarso livello di attenzione.
E come pensiamo di aver risposto a un ascolto con basso livello di attenzione? Con argomentazioni più nostre che dell’interlocutore!
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